Brano: [...]RAYMOND WILLIAMS, Marxismo e letteratura, Bari, Laterza, 1979, pp. 288.
Per Marx, ricorda Williams, « tutta la teoria `separata' è ideologia, mentre la teoria genuina — la `conoscenza reale positiva' — è l'articolazione della `coscienza pratica' » (p. 94). Questa opposizione, anche se stinta col tempo e spesso volontariamente cancellata dalla stessa tradizione del pensiero marxista, esercita su Williams un forte fascino. Fascino inquietante, perché Williams sa bene che tutta la sua riflessione non può non essere `separata', né d'altra parte è personaggio da ripiegare sul consolante ossimoro di una `pratica teorica'.
Tutto il suo libro, che Laterza ha fatto bene a offrire al pubblico italiano in tempi brevi, vive in questa contraddizione: fare i conti con la tradizione senza la sicurezza di un'ottica che solo una diversa coscienza pratica collettiva potrebbe offrire. Cosí le riflessioni di Williams assumono il tono e le cadenze del discorso a se stesso, della discussione del proprio itinerario intellettuale, come egli dichiara nella vivace intro[...]
[...]' o `estetiche') alle modalità e alle norme delle istituzioni capitalistiche entrò sempre piú nella pratica. I marxisti, con l'insistere su quest'aspetto e con il denunciarlo, caddero in un'ambiguità pratica, poiché in realtà l'insistenza costante fini per diluire la protesta. Si sente spesso ripetere che l'insistenza fu `troppo materialista', un 'materialismo volgare', quando invece la verità è che non fu mai abbastanza materialista » (p. 122). Che Williams abbia ragione si potrebbe mostrare facilmente. La rigida contrapposizione di struttura e sovrastruttura non solo appare rassicurante nella ricostruzione storiografica, offrendo una ricetta sicura ad ogni indagine, ma è soprattutto consolatoria dell'immobilismo politico. Invocare l'inadeguatezza del quadro strutturale è stato, ed è ancora, uno dei piú sperimentati strumenti dell'acquiescenza opportunistica agli automatismi della società capitalistica. Williams, pur mantenendosi nel quadro della polemica culturale, non manca di segnalarlo: « Il concetto di `sovrastruttura' fu quindi un'accezion[...]
[...]i scelte soggettive tra modelli. L'osservanza al genere non è piú perciò l'adeguarsi ad un canone di occorrenze sociali specificamente stabilite, ma la combinazione tra la libertà di chi crea e i vincoli di diversi `alla maniera di...', per un pubblico omogeneo in sé e all'autore, capace di intendere gli scarti virtuosistici dal modello prefissato. Quanto sopravvive questa concezione del genere, a quali trasformazioni viene sottoposta? L'accenno che Williams fa al permanere della tragedia (p. 239)
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sarebbe stato assai interessante da sviluppare. Ma sempre che si fosse ricondotta questa permanenza alle diverse domande sociali e alla significativa permanenza dell'istituzione teatro e dei suoi professionisti.
Analogamente maggiore spessore storico andava riconosciuto alla nozione stessa di `letteratura', che proviene da tempo piú remoto del Rinascimento, nel quale si riadatta e si riadopera l'antica categoria di humanae litterae. Anche qui è probabile che sarebbe riuscita utile una piú stringente analisi della figura sociale del [...]